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Lo
scopo di queste pagine è quello di far conoscere alla comunità e a tutti
coloro che ci visiteranno quei personaggi che hanno dato lustro al nostro
comune.
Uomini che hanno legato il loro nome alla storia di Zoppola
Giovanni
Costantini
ARCIVESCOVO
GIOVANNI
COSTANTINI nacque a Castions di Zoppola il 4 agosto 1880.Nello stesso
paese frequenta le scuole elementari dal 1886 al 1891ripetendo
volontariamente la terza classe perché troppo giovane per essere
impegnato nella piccola impresa edile del padre. Deciso a diventare prete
frequenta dal 1897 al 1899 le scuole ginasiali nel seminario di
Portogruaro; si trasferì poi a Roma compiendovi gli studi liceali e
filosofici all’ Apollinare sempre a Roma studia teologia avendo
come compagno GIOVANNI RONCALLI. Conseguita la sua laurea in teologia
venne mandato da Papa Pio X a Venezia ove vi rimase fino al 1927 ivi
ricoprì vari incarichi. Fu insegnante di sacra scrittura patrologia,
archeologia cristiana, arte cristiana e storia dell’arte curò come
bibliotecario la biblioteca del seminario fu segretario del Card. PIETRO
LA FONTAINE durante la guerra del 1915-18 diresse la rivista Arte
Cristiana fondata dal fratello CELSO fondò e poi diresse l’ISTITUTO S.
FILIPPO NERI “per i figli della guerra” che volle trasferito a
Castions nel 1923.
Nel 1929
venne nominato primo vescovo della nuova diocesi di La Spezia chiamato a
Roma nel 1943 da Pio XII fu nominato presidente della Pontificia
Commissione centrale per l’arte sacra in Italia.
Morì a
Roma nel 18 Maggio 1956 è sepolto La SPEZIA il 13 maggio 1959 DOVE GLI
E’ STATA DEDICATA UNA VIA.
Bartolomeo
Aprilis (1783 1840)
Pioniere della coltivazione
“Dei pomi di terra”

BARTOLOMEO
APRILIS nato nel 1783 da Antonio e Marianna Lucchini a Cusano erede di
grandi proprietà terriere. Laureato a Padova in medicina di idee
risorgimentali, si pensa fosse carbonaro poiché in famiglia si è
tramandata a memoria di un suo incontro clandestino con SILVIO PELLICO e
MARONCELLI a Udine nel Marzo del 1822 quando questi venivano tradotti da
Venezia allo Spielberg.
Erano i
tempi della carestia e del fabbisogno di sfamare gli eserciti francesi e
austriaci che sostavano in Italia.
La
patata apriva rosei orizzonti, ma bisognava studiare molte esperienze
contemporanee per confermare i procedimenti di coltura, le varietà più
idonee, i sistemi di difesa, di conservazione e di impiego. BARTOLOMEO
APRILIS condusse ripetute sperimentazioni nei propri fondi di Zoppola.
Dopo assidue ricerche scrisse un opuscolo dal titolo “istruzione sulla
coltivazione e sugli usi dei pomi di terra, ossia la patata”
arricchendolo di nozioni in pratiche ed aggiornate.
Un
personaggio come BARTOLOMEO APRILIS deve oggi considerarsi un autentico
pioniere per aver avviato in territorio di Zoppola la coltura più
rivoluzionaria della storia moderna che a parità di superficie coltivata
e con minor fatica avrebbe consentito di sfamare un numero di persone
quadruplo rispetto al frumento e rispetto al mais avrebbe offerto i
vantaggi specifici della vitamina C.
Dopo quello storico debutto
nei terreni dell’Aprilis, la patata è stata mantenuta senza
interruzione fra i prodotti tradizionali, coi miglioramenti colturali e
varietali introdotti da generazioni di Zoppolesi, fino ad eleggere Ovoledo
a piccola capitale della qualità, grazie all’ annuale mostra - mercato
specializzata, e ad una tipicità largamente riconosciuta, alla quale non
manca ormai che il marchio dell’ufficialità
Anno
Santo 1950
Pellegrinaggio a Roma compiuto da Giacomo Petris
Tanto se
né parlato nel 2000 appena trascorso, del giubileo, che anche noi
vorremmo portare alla luce un pellegrinaggio compiuto nel 1950 a Roma in
occasione dell’ ANNO santo di quel tempo di un cittadino di Zoppola :
GIACOMO PETRIS.
Bisogna
premettere che di quel pellegrinaggio GIACOMO ne parlava da tempo, anzi il
suo desiderio in realtà nacque da un voto fatto già l’anno prima. Alla
fine di giugno del ’50 si attrezzò facendosi preparare tre paia di
scarpetti, rispolvero’ il vecchio tascapane militare ove ripose il
vestiario essenziale: colori ad acquerello, pennelli, un rotolo di
cartoncini per dipingervi sopra, una lettera di presentazione del parroco
locale don Amadio Maurizio. Non portò denaro con se, perché il vero
pellegrino doveva affrontare l’avventura affidando sulla bontà del
prossimo e la propria forza d’animo.
Il due
luglio, come appare da una notizia del settimanale “il Popolo” il
sindaco di Zoppola Giacomo Petris intraprende il suo pellegrinaggio alla
volta di Roma. Di buon passo come era abitudine di quei tempi, le vetture
erano rare, i più fortunati possedevano una bicicletta, quindi era
d’obbligo camminare per spostarsi, il buon Giacomo con i suoi 58 anni
iniziò il suo cammino velocemente che raggiunse Treviso il 3 e Padova il
giorno dopo, però una volta giunto in prossimità di ABANO dovette
fermarsi per le vesciche sanguinolente createsi sotto le piante dei piedi.
Poi fattosi curare da un farmacista del posto riprese la marcia.
Sia a
mezzogiorno che alla sera, a secondo delle località raggiunta, doveva
mendicare un pasto, ma quando si trattò di attraversare la “rossa”
ROMAGNA del tempo giunsero i dolori. I più si rifiutavano non solo di
dare un tozzo di pane o una bevanda, ma lo scacciavano deridendolo,
impedendogli persino di dormire nei pagliai o fienili. Giunto stanchissimo
in serata del 7 luglio a PONTE LAGO SCURO (alle porte di Ferrara) si
avvicinò ad un’aia dove stavano trebbiando (ove avrebbe desiderato un
po’ di cibo e dormire nella pula) non appena espose i suoi pochi
bisogni, gli uomini cominciarono a tempestarlo di domande. Come mai lui
Sindaco e per di più socialista andava a compiere un atto di omaggio
cristiano? Non si vergognava di quel suo atto? Alla fine lo scacciarono in
malo modo. Finì stanco e sfinito con l’addormentarsi sotto un albero li
nei paraggi, avendo per giaciglio un letto di frasche. Nel buio della
notte una vecchietta che aveva assistito alla scena lo avvicinò
furtivamente, recandogli in silenzio un po’ di latte e polenta. Mentre
attraversava gli Appennini sul passo della Futa si ferma per dedicarsi al
suo hobby artistico e dipinse due quadri. I primi di una bella serie.
Durante la salita del passo incontrò un altro pellegrino di nazionalità
tedesca che procedeva con una croce in spalla. Si scambiarono qualche
messaggio poi siccome procedeva a rilento lo lasciò alle spalle. Il 10 e
l’11 luglio fu a Firenze ove non mancò di visitare gli Uffizi e le
bellezze della città. Continuando il suo cammino dipinse diversi paesaggi
che gli parevano immensi. Il 18 fu a Montefiascone, ove per il
pranzo il parroco locale lo indirizzò presso una vedova, questa lo
accolse amabilmente lo rifocillò e gli versò un buon bicchiere di vino
bianco. Giacomo apprezzò quel vino amabile ed in tavola soddisfatto aprì
una piccola conversazione con quella santa donna, che intanto
generosamente gli lasciò bere altri 3 – 4 bicchieri. Quando decise di
accomiatarsi, lei si mise a ridacchiare. Giacomo non ne capiva i motivi,
ma quando fece per rizzarsi in piedi si accorse che le gambe non lo
reggevano. Così la donna gli spiegò di avergli offerto il suo miglior
vino il celebre est – est – est, il quale pur avendo un elevato grado
alcolico non dava alla testa, ma toglieva l’equilibrio e così rimase
ospite per la cena. Dormì come sempre in un fienile ringraziando
anticipatamente, perché il suo “ruolino di marcia” prevedeva la
partenza al mattino prestissimo (4 – 5) nelle ore più fresche.
Il 21
luglio finalmente Giacomo Petris arrivò a Roma impiegando in tutto 20
giorni, dei quali, 18 di cammino e 2 per la tappa obbligatoria di Abano e
un’altra a Firenze per il suo amore per l’arte, tenendo quindi una
rispettabile media di 35 – 40 chilometri giornalieri.
Nella
città eterna andò a trovare il suo amico Cardinale Celso Costantini.
Quando giunse presso i suoi alloggiamenti, avvicinò un portiere chiedendo
di essere ricevuto, ma intrappolato nella ressa dei pellegrini in Vaticano
che chiedevano aiuto non gli fu dato ascolto. Aspettò che il porporato
uscisse in cortile, e quindi a gran voce lo chiamò; al grido di “ Celso
di Sopula, Celso di Sopula …” il prelato lo udì e individuandolo lo
fece trarre a se, si baciarono vicendevolmente commossi, loro, amici sin
dall’infanzia.
Celso,
che aveva i propri impegni, si accomiatò, disponendo che quel pellegrino
(unico venuto dal Comune di Zoppola) fosse rifocillato, cambiato di abito
e gli fosse dato un giaciglio per dormire, gli lasciò anche alcuni
“souvenir” sacri per quella sua bella azione.
Questa
è la storia del pellegrinaggio del primo sindaco di Zoppola del
dopoguerra Giacomo Petris nel 1950 in occasione del Giubileo e merita di
essere ricordato anche come inesauribile pittore di stile realista,
autodidatta, con buone capacità tecniche e cromate. Usò (data la scarsa
disponibilità finanziaria) ogni tipo di supporto, cartoni, cartoncini,
tela di sacchi di juta, tavola di legno, scaglie di pietra o di legno:
famose le “dalmine” consumate. Spesso giunse anche a fabbricarsi
artigianalmente i colori, sia a olio che a tempera.
Ringrazio
di queste notizie, il nipote di Giacomo, Nerio Petris.

Giacomo Petris
Uno dei paesaggi ritratti durante il suo pellegrinaggio
Conte Francesco Panciera
– 1869/1940

IL
Conte Francesco era nato nel 1869 a Zoppola dove egli era molto attaccato
a questo lembo di terra friulana tanto che aveva disposto nel suo
testamento di voler morire ed essere sepolto nella sua Zoppola, ma si
spense invece a Padova, in seguito ad un attacco di polmonite.
Si era
laureato in medicina presso l’Università di Padova, acquisendo pure una
specializzazione nella prestigiosa università medica di Berlino. Durante
questo soggiorno si interessò alla creazione del grandioso giardino che
vediamo circondare il castello di Zoppola, e lo volle strutturare in modo
che si ripetesse nel Giardino Imperiale di Berlino.
Di
religiosità profonda e sentita, era entrato a far parte del Terzo Ordine
Francescano. Durante il primo conflitto mondiale svolse con spirito
francescano la funzione di medico in ben cinque comuni contemporaneamente:
Arzene, San Martino al Tagliamento, Valvasone, Casarsa e naturalmente
Zoppola.
Per questo suo prodigarsi
ricevette dalla popolazione una medaglia d’oro. Prestò la sua
assistenza medica gratuita specie a favore dei mezzadri che accorrevano a
lui continuamente con fiducia. Il suo ambulatorio era in castello e quando
prescriveva delle ricette costose si accollava pure le spese delle
medicine. A Padova seguì anche i corsi del celebre compositore di musica
prof. Luigi Bottazzi, da allievo assiduo, il Dottor Francesco si fece
collaboratore entusiasta del Bottazzi, nella promozione del canto
gregoriano e nella diffusione delle scuole Ceciliane e anche a Zoppola
mise in piedi una scuola Cantorum. Tale spirito che l’animava e
l’azione per tanto tempo esercitata trovarono il meritato riconoscimento
nella nomina, nel 1937, a Presidente della Commissione Diocesana per la
musica Sacra.
Gerolamo
Rorajo Rorai 1485 – 1555

Gerolamo
Rorajo trascorse la vita tra gli intrighi delle corti cinquecentesche,
nelle legazioni o nunziatura, dove bisognava lottare con scaltrezza,
pagando di persona qualsiasi insuccesso; e la diplomazia era intesa come
un’arte pressochè esente da ogni limitazione morale.
Gerolamo
Rorajo nacque a Pordenone nel 1485, da Francesco e da Bianca Dall’Oglio.
Il fratello Antonio, maggiore di 25 anni, fu il suo primo maestro; poi
egli seguitò gli studi con Francesco Amalteo ed a Venezia col
Sabellico. Suo malgrado per volere del fratello, a quindici anni
intraprese lo studio della giurisprudenza a Padova. Non ancora ventenne
(1504) si laureò. Presa la tonsura, entrò nel ceto clericale, pur non
arrivando mai agli ordini maggiori. Allo scoppio delle ostilità tra
Venezia e Massimiliano (1508) con dieci ducati in tasca lasciò il paese e
si rifugiò a Vienna.
Da
allora fino al 1544, cioè per 36 anni, Gerolamo visse per l’Europa da
una corte all’altra: per 14 anni, al servizio degli Asburgo –
Massimiliano, Carlo V e Ferdinando I e poi al servizio dei Papi: Adriano
VI – Clemente VII e Paolo III prevalentemente come nunzio o legato
presso le corti asburgiche. Il Rorajo fu nominato segretario del re Carlo
e Conte palatino con diritto di conferire titoli di dottore e di notaio.
Lo troviamo in piena attività diplomatica nel 1534 per conto del nuovo
pontefice Paolo III presso l’arciduca Ferdinando I. Il Rorajo si ritirò
definitivamente da ogni attività politica desideroso di sistemare certe
sue complicate faccende private sposando Camilla Savina, oriunda di Parma
e nel 1545 uscì ufficialmente dal ceto ecclesiastico. Si trasferì a
Poincicco dove suo padre Francesco ottenne da Federico III una casa e dei
beni in ragione di feudo. A Poincicco, una via locale porta il nome dei
Rorajo.
Cecco
Giovanni “ Gim “ 1923 – 1984
Il "Gim" tra i
suoi ragazzi
Cecco
Giovanni, ma meglio conosciuto come “il Gim” nasce a Zoppola l’otto
marzo 1923. Terminato gli studi entra come impiegato presso la locale
municipio comunale dove vi rimane per oltre 40 anni. Durante il suo
servizio si guadagna la stima e gli elogi dei cittadini per la sua
particolare disponibilità e concezione del lavoro come servizio sociale.
La sua notorietà, anche fuori dall’ambito regionale, e in particolare
legato all’impegno nell’ambito dello sport dilettantistico. Giocatore
di calcio fino al 1950, partecipò a tutti i campionati del settore
dilettantistico senza essere mai ammonito. Fu tecnico, dirigente e
presidente dell’A.C. Zoppola. Il 13/06/’63 iniziò, prima in
provincia, l’attività dei NAGC (nucleo addestramento giovani
calciatori) che seguì per 10 anni. Nel ’64 fu chiamato come istruttore
al centro tecnico FIGC regionale di Aquileia. Nel ’67 ebbe l’incarico
di selezionatore provinciale per la categoria allievi. Entrò a far parte
del Comitato Provinciale FIGC nel ’73 con l’incarico di delegato NAGC,
dopo aver vinto due campionati regionali allievi approda alla fase finale
del torneo nazionale Barassi. Tra i riconoscimenti assegnatogli ci piace
ricordare: premio FIGC provinciale nel ’63, premio Comitato Regionale
FIGC come miglior allenatore nel ’65, premio CONI nel ’72, premio di
benemerenza sportiva FIGC settore giovanile nazionale nell’80. La sua
vita sportiva non è segnata solo dal calcio ma lo troviamo presidente dei
Pescatori Sportivi, fondatore della Società di pattinaggio, creatore e
coordinatore del gruppo mini - ciclistico, attivo membro della sezione
AVIS comunale.
Dopo la sua scomparsa ebbe
intitolato alla sua memoria il Trofeo Regionale allievi. Il ricordo
indelebile che ha lasciato è di persona che negli anni sessanta ha
intuito e perseguito l’obbiettivo di un miglio standard tecnico e di
sicurezza nello sport giovanile ed offrire possibilità di pratica
sportiva anche alle bambine
Carlo Ceparo
notaio in Orcenico di Sopra

Orcenico di
Sopra, la piazza
Anche
Orcenico di Sopra si è fatto distinguere per aver avuto tra i suoi
abitanti dei personaggi che hanno saputo farsi distinguere per capacità e
generosità. Sfogliando tra gli archivi locali troviamo un certo Carlo
Ceparo di Orcenico di Sopra notaio per veneta autorità. Esercitò la sua
professione di notaio fra il 1680 e il 1730, suoi protocolli sono
conservati presso l’archivio di Stato di Pordenone.
Il
Ceparo, di famiglia di “Possidenti” usava recarsi generalmente presso
i suoi clienti anziché riceverli nel proprio studio, la sua clientela
l’attingeva nel circondario tra San Lorenzo, Casarsa, Orcenico e
Castions.
I Ceparo,
probabilmente di origine tedesca, si stabilirono in Orcenico di Sopra fin
dal 1600 ed ebbero tra i suoi discendenti diversi personaggi di lustro
oltre al citato notaio Carlo, ricordiamo il Prè Domenico Ceparo, parroco
nel 1635, Prè Angelo Ceparo parroco di Orcenico di Sopra dal 1702 al
1740, Giobatta Ceparo Cappellano, Domenico Ceparo Podestà nel 1700.
In data
odierna pochi sono rimasti i Ceparo in loco, un ramo emigrò a Roma alla
fine dell’ottocento del quale si sono perse le tracce; mentre ad
Orcenico di Sopra rimane sopra il portale dell’abitazione che fu di
Carlo Ceparo una formella che rappresenta lo stemma con le iniziali del
notaio
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Giovanni
Costantini |